Nuove regole sul copyright, i big pagheranno per news e cultura
All’ultima tornata utile prima delle elezioni di maggio, il Parlamento europeo ha detto «sì» alla Direttiva copyright. Dopo tre anni di gestazione problematica, di pubbliche consultazioni, di tentativi di voto andati a vuoto per sospetto di lobbying intensiva (l’estate scorsa), il relatore del provvedimento - il tedesco Axel Voss - ha tirato un sospiro di sollievo alla lettura del responso: 348 voti a favore, 274 no e 36 astenuti. Una maggioranza «solida», se si pensa che ancora ieri mattina nessuno avrebbe scommesso sull’esito, incertissimo, della contrapposizione tra i due blocchi, ideologica più ancora che partitica.
Per i difensori del diritto di proprietà intellettuale - dagli editori ai giornalisti fino agli autori e ai musicisti - il più è fatto, un principio importante di civiltà è stato ristabilito (chi usa “prodotti” altrui li deve pagare, anche se si chiama Google, Facebook, Youtube), e tuttavia ancora molto resta da fare. La direttiva ora deve scavallare i Parlamenti nazionali che, se non hanno un potere di veto, certo possono incidere sulle modalità di applicazione, e in sostanza la legge europea deve attendere un altro paio di anni prima di divenire esecutiva. Però intanto da ieri c’è, con le sue prescrizioni e i suoi distinguo. Che, ridotti all’essenziale - e fuori dai velenosi slogan disseminati nel web - dicono che i grandi aggregatori di notizie e profilatori di utenti, ognuno con platee di centinaia di milioni di utenti, quando ospiteranno contenuti protetti da diritto d’autore dovranno rintracciare il titolare e stringere con lui accordi “dinamici” nel tempo. Si tratti di musica, cinema, letteratura, informazione, non sarà più possibile, per l’intermediario di rete, lavarsi le mani lasciando i creatori di quelle opere con tanta gloria sulle spalle e nessun euro in tasca.
La direttiva non prevede alcun obbligo di censura né alcun divieto a priori, ma rende solamente responsabili le piattaforme (e non gli utenti finali) dell’utilizzo abusivo, cioè non contrattualizzato nè remunerato di creazioni altrui. Sarà sempre possibile linkare, citare, far girare cioè liberamente le idee, non più però appropriarsi in toto di contenuti di cui non si è proprietari.
(Alessandro Galimberti - Sole 24 Ore)